Da giorni ormai le temperature erano insolitamente alte per la stagione, anche dormire era diventato un problema... Si chiese se questo sarebbe bastato a giustificarla.
Pezzi non ha un prima e un dopo è lo spunto per una storia che sfugge. Pezzi è il ricordo scritto a bordo agenda è l'emozione che non si può descrivere. Pezzi è un momento congelato è il tempo veloce dell’accadere descritto come un racconto sospeso per restituirgli la dignità d’esser stato vissuto. Pezzi è un contenitore di storie. O frammenti di queste.
“Sono a pezzi”. “Il foro nella cannuccia della bic è un pezzo della bic”, si potrebbe dire “il pezzo mancante”. Ho un ricordo nella testa, che è un brandello, piuttosto vago, di una barzelletta, o di una cosa simile. Mi viene in mente adesso, pensando ai Pezzi. E’ un ricordo degli anni Settanta, quando ero bambino. E fa così: uno dice ad un altro “sei un pezzo di merda”, e questo risponde “sì, sono il pezzo che manca a te”. Possiamo forse partire da qui per riflettere sui Pezzi. Il dialogo dice che ogni pezzo lo è di qualcos’altro. E quest’ultimo è quello che puzza di più, cioè, traslando, è il pezzo più grande. La narrazione a fumetti si dipana a vignette, a frammenti visivi incatenati. Ogni casella è una briciola di un enigma sequenziale chiamato storia. Nei Pezzi, invece, la narrazione circola libera dentro un’unica immagine, è tutta lì, non c’è un dopo, non c’è un prima. Il pezzo più grande qui non c’è. I Pezzi sono una visione congelata con la propria colonna sonora, fatta di testo. Parole che sciolgono l’apparenza. Parole che snodano la trama. A volte tutto si ribalta però. E il disegno, che non scade mai nell’illustrazione carta carbone, si fa anch’egli sibilo sonoro, ma muto, per fare da contrappunto ad un pugno di parole amiche. Scampoli letterari che abitano il confine tra l’onanismo di un racconto in bozzolo e la scintilla narrativa di un “poi” in bilico.
[tempo di lettura di un Pezzo] Un Pezzo è un fotogramma, un frame. Il frame solingo di una proiezione a singhiozzo. Cosa vuole da noi (spettatori) un Pezzo?, un solo Pezzo solo? Con un seguito, a volte, alluso? Dipende, l’intenzione si sfalda. O cogliamo l’attimo oppure, per inferenza, completiamo il narrato (il suggerito) a nostro piacimento. > Ogni Pezzo beve l’acqua del suo mulino: è visivamente, e non solo, indipendente. E’ un coccio riposto al museo. Con una sua didascalia di parole assai libere, bisogna ribadirlo. Queste, quando più intraprendenti, possono farsi tappeto rosso, cosicché ci infiliamo guappi guappi, dentro ad una scena comune, una visione pubblica. Oppure, com’è più prevedibile, il pensiero scritto si fa metafora in guscio, e noi, lèmme lèmme, penetriamo nella visione privata. Ma i Pezzi, tutti insieme, si ubriacano dallo stesso oste: sono opere di un manipolo di artisti indipendenti, e non solo. I Pezzi sono immagine dipinta di pennello o vestita di scarabocchio addomesticato. I Pezzi sono frantumo di ciò che è stato e scheggia di ciò che sarà. I Pezzi sono singoli brani, un ritaglio necessario, un morso da dare. La memoria allora sbuccia, l’autobiografia derapa i desideri nascosti, e il singulto dell’atto creativo se la ride. Nei Pezzi, infatti, testo ed immagine hanno un orgasmo simultaneo. E’ il godimento leggero del fare e del raccontare. Anche così, in breve. Eppoi un Pezzo non è uguale all’altro come in un puzzle che non sia farlocco. Il resto è un avanzo.
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